Il Mining di Criptovalute

Mining

Sai che differenza c’è tra investire sul Bitcoin e tradare bitcoin? Se senti il richiamo delle criptovalute e ti interessa approfondire l’argomento amerai le nostre guide per trader di criptovalute: il mining spiegato in breve, con parole semplici e dritto al punto.

Cos’è il mining?

Il termine mining deriva dall’inglese to mine, che significa estrarre, e nel caso dei bitcoin rappresenta il processo di condivisione della potenza di calcolo degli hardware dei partecipanti alla rete. La sicurezza nel sistema Bitcoin è affidata ad un meccanismo detto blockchain, ossia un registro pubblico e condiviso delle transazioni in ordine cronologico. Ogni 10 minuti circa, il sistema produce un nuovo blocco con le nuove transazioni in attesa di approvazione, che sarà aggiunto alla catena una volta convalidato. Il mining è quindi in sintesi il processo che porta all’aggiunta di nuovi blocchi alla blockchain. In cambio della potenza di calcolo, il sistema ricompensa i minatori (miners) con delle commissioni, più la possibilità di ricevere una parte dei Bitcoin appena creati. Le nuove unità BTC immesse, infatti, sono distribuite in maniera del tutto casuale, ma le probabilità di incassarle aumentano quanto maggiore è la potenza di calcolo messa a disposizione del sistema.

Il mining è un’attività estremamente costosa e complessa, sia in termini di CPU che di consumo di energia elettrica, per non parlare delle sempre più stringenti leggi che ne regolano l’attività.

I Bitcoin massimi estraibili ammontano a 21 milioni, e l’estrazione diventa progressivamente più sconveniente perché la ricompensa per la creazione di un nuovo blocco si dimezza sistematicamente, attraverso il processo chiamato halving. Questo avviene ogni 4 anni, per controllare l’inflazione: le ricompense sempre più basse e la minor disponibilità di nuovi Bitcoin dovrebbero (in teoria) rendere più conveniente guadagnare con le commissioni di negoziazione che non con l’estrazione.

L’ultimo halving è avvenuto nel 2017, e tre quarti delle monete potenzialmente generabili sono già state minate. L’enorme successo della criptovaluta ha fatto si che in soli 11 anni il valore di un BTC passasse da meno di mezzo centesimo di dollaro a oltre 64800 dollari (febbraio 2021).

Oggi le tensioni socioeconomiche generate dalle criptovalute sembrano aver definitivamente allertato i governi di tutto il mondo, e diversi paesi hanno intrapreso contromisure decise alla diffusione delle criptovalute.

Miniere di bitcoin

Come abbiamo visto, la rete crea costantemente un certo numero di BTC e li distribuisce casualmente tra i partecipanti attivi nel processo di validazione dei blocchi. Ogni blocco contiene le transazioni degli ultimi 10 minuti ed è affidato ad un singolo miner. Questi installa sul suo hardware un cryptographic hash software che elabora i dati delle transazioni BTC, e vi aggiunge un valore casuale o pseudo casuale detto nonce

questo valore, unito ai dati del blocco, genera una stringa alfanumerica chiamata hash. Per calcolare il contenuto di una stringa hash il minatore deve fare diversi calcoli e tentativi, producendo quindi numerosi nonce. Effettuare tantissime prove è l’unico modo possibile per trovare la soluzione. Questi complessi e univoci calcoli crittografici prendono il nome di proof of work, uno sistema incredibilmente complesso da contraffare. Nel processo di calcolo viene aggiunto anche l’hash del blocco precedente, che insieme ai dati del nuovo blocco e al nonce, genera l’hash del blocco attuale. In questo modo i blocchi di transazioni sono legati tra loro attraverso la condivisione dell’hash (la fine di un blocco coincide con l’inizio del successivo. Un malintenzionato che volesse alterare una o più transazioni passate produrrebbe necessariamente un nuovo blocco con un hash differente che sarebbe subito riconosciuto e bocciato dagli altri nodi.

Quando la stringa viene validata, il blocco di transazioni è approvato e aggiunto alla catena. Uno degli obiettivi della proof of work è quello di impedire la double spending (doppia spesa), ossia lo spostamento di bitcoin verso due portafogli simultaneamente con la stessa transazione.

Ogni nodo gareggia per essere il primo a risolvere la proof of work e aggiungere un nuovo blocco alla rete, e quando ci riesce incassa la sua ricompensa. Maggiore è la potenza di calcolo complessiva immessa nel sistema, più difficile diventa la proof of work per tutti; al contrario meno miners partecipano, minore sarà la complessità. In questo modo l’intervallo di creazione tra un blocco è l’altro corrisponde sempre a circa 10 minuti, e il mining può continuare anche con una potenza di calcolo ridotta.

La rete rimane affidabile finché è distribuita: se anche qualcuno riuscisse a produrre un blocco contraffatto, l’unico modo di farlo approvare sarebbe ottenere la maggioranza della potenza computazionale dell’intera rete. Sebbene alcuni episodi di cronaca dimostrino che è possibile accentrare una considerevole potenza di calcolo, ad oggi il rischio di monopolio del Bitcoin sembra ancora piuttosto lontano.

Come si diventa miners?

Per aumentare la probabilità di riceverle nuovi bitcoin, è necessario utilizzare tecnologie con potenza di calcolo sempre maggiori, e già da anni l’estrazione con i computer domestici è diventata antieconomica. La prima soluzione al problema dei costi di estrazione è stata l’hardware ASIC (Applicatio Specific Integrated Circuit), progettato per potenziare il mining dei BTC.

Nel 2013 hanno quindi cominciato a fiorire le prime Asic farm a Singapore e in Cina, concentrate in zone dove le basse temperature e la presenza di centrali idroelettriche rendevano più conveniente ed efficiente il funzionamento delle apparecchiature. Nel tempo questi accentramenti si sono rivelati vantaggiosi, e si è diffusa la pratica del pool mining in altri paesi del mondo. Le pool, o miniere, consistono in raggruppamenti di miners che mettono in condivisione la propria potenza di calcolo, così da massimizzare le probabilità di ottenere dalla rete i nuovi bitcoin generati. Quelli ottenuti sono quindi distribuiti tra i partecipanti in maniera proporzionale alle risorse messe a disposizione per estrarli. In giro si trovano ancora software per l’estrazione da scaricare o contratti di cloud mining (che non richiedono l’acquisto di apparecchiature, ma sovvenzionano quelle esistenti), anche se l’estrazione domestica di bitcoin è diventata estremamente dispendiosa, ed è stata per lo più abbandonata.

Credere nel sogno Bitcoin o credere nell’asset bitcoin

Esistono sostanzialmente due strade possibili per entrare nel mercato della criptovaluta: convertire il proprio denaro in bitcoin, o investire sulle variazioni del prezzo attraverso il trading online.

Nel primo caso bisognerà rivolgersi ad una exchange per cambiare i nostri soldi in dollari e quindi i dollari in bitcoin. Chi sceglie questa strada compie una scelta coraggiosa: il Bitcoin non è una valuta sostenuta da governi o istituzioni; quindi, il suo valore corrisponde alla percezione che gli utenti hanno del progetto. In altre parole, se domattina il Bitcoin dovesse cadere, essere sostituito, o venir meno in qualsiasi modo, nulla impedirebbe al suo valore di diventare 0.

Chi converte i risparmi in bitcoin crede nel sogno di Satoshi Nakamoto. Una una scelta politica, economica e in piena controtendenza.

La seconda strada è il trading di criptovalute, con obiettivi e mezzi completamente diversi. Il trader si limita a studiare l’andamento del mercato delle criptovalute e inserire ordini di mercato per sfruttare la variazione di prezzo dell’asset. I vantaggi di questo approccio sono evidenti:

  • Non serve diventare possessori di bitcoin per operare
  • si può investire quanto e quando si vuole e ritirarsi in qualsiasi momento
  • è possibile testare le proprie strategie sui conti demo prima di investire denaro reale
  • non c’è bisogno di forti spese di investimento iniziale (necessarie per acquistare il wallet e le chiavi crittografiche)
  • non bisogna immobilizzare capitali per tempi lunghi
  • riscontro immediato per le proprie operazioni (siano esse redditizie o no)
  • mette a disposizione numerosi strumenti per gestire i rischi di perdita (ordini stop loss e take profit, backtesting, piani di trading, strategie di copertura, eccetera).

Il mining non è alla portata di tutti, il trading online sì.

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